LE SETTE ATTITUDINI PER SPERIMENTARE LA PIOGGIA 3 parte
Pastore Evangelista Heros Ingargiola
Giacomo 5.17-18 Elia era un uomo sottoposto alle nostre stesse passioni, e pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. 18 Pregò di nuovo, e il cielo diede la pioggia, e la terra produsse il suo frutto.
Elia era un profeta ma era anche un uomo sottoposto alle nostre stesse passioni ciò significa che non era perfetto. Spesso pensiamo che gli uomini di Dio o i credenti siano perfetti ma non è così; a volte ci si scoraggia perché le persone intorno a noi continuano ad enfatizzare e sottolineare i nostri difetti, ci giudicano perché non ci vedono cambiati e il nemico fa leva su questo pensiero per allontanarci dalla preghiera e dalla presenza di Dio. Dobbiamo ricordarci che siamo imperfetti ma che la nostra perfezione è già compiuta in cielo.
Elia pregò intensamente, con le sue viscere, con tutto se stesso.I cieli sono aperti sulla nostra vita per grazia ma la pioggia inizia a scendere solo se iniziamo a pregare.
Dio ascolta le preghiere di coloro che dimorano alla Sua presenza. Quando preghiamo intensamente e dimoriamo alla sua presenza, le cose accadano.
Elia pregò di nuovo, dal termine originale: pregare con perseveranza, colpire con il palmo della mano ciò significa che la nostra preghiera lascia un segno indelebile nel cielo e Dio esaudirà le nostre richieste. La perseveranza è fondamentale per raggiungere i nostri obiettivi ma quando non si vede subito l’esaudimento alla nostra richiesta diventiamo preda dello scoraggiamento e del dubbio perché crediamo che Dio non ci stia ascoltando ma è proprio in quel momento che non dobbiamo mollare e dobbiamo perseverare.
Analizziamo le sette attitudini per sperimentare la pioggia:
- essere bisognosi di Dio
- vita arresa
- dimorare in Dio e nella sua presenza
- giusta attitudine di fede
- essere parte del corpo e del tempio
- restaurare l’altare
- aspettare la visitazione della presenza e della manifestazione della gloria di Dio.
Dio desidera benedire la vita dei suoi figli ma spesso questo non lo comprendiamo perché la nostra mente non è rinnovata e il nostro sguardo è focalizzato solo sulle circostanze e non su quello che Dio ha preparato per noi. È arrivato il tempo di alzare il nostro sguardo e vedere la gloria di Dio nelle nostre vite.
Analizziamo la seconda attitudine: vita arresa.
Giosuè 3.5 Giosuè disse al popolo: «Santificatevi, poiché domani il SIGNORE farà meraviglie in mezzo a voi».
Dio è buono, Dio è amore ma è anche Santo Santo Santo.
Senza una vita arresa e senza santificazione non possiamo vedere la pioggia nella nostra vita. Noi siamo santi posizionalmente, ciò significa che quando abbiamo ricevuto Gesù nel nostro cuore, la nostra natura è diventata santa ma la santificazione che riguarda la nostra anima, il nostro carattere, i nostri pensieri è una santificazione progressiva e questo processo dipenderà da noi.
Santificarsi non significa essere perfetti ma essere messi da parte per uno scopo divino. Noi siamo stati creati, scelti da Gesù e Lui ci ha anche fatto “nascere di nuovo” ponendo in noi una natura divina e un proposito divino. Dal momento in cui abbiamo scelto di fare entrare Gesù nella nostra vita, i nostri progetti, i nostri obiettivi, le nostre ambizioni e i nostri sogni sono cambiati perché non viviamo più per noi stessi ma viviamo per Dio e per il proposito che Lui ha per le nostre vite.
Perché dobbiamo santificarci? Uno dei motivi è perché così piacciamo a Dio. Non è possibile vedere le meraviglie di Dio senza santificazione. Il frutto nella nostra vita non è solo conseguenza della nostra fede ma del prezzo che siamo disposti a pagare, arrendendo la nostra vita a Dio. Molte persone vogliono da Dio tante cose ma pochi sono realmente disposti a dare qualcosa a Dio. Il processo della santificazione deve avvenire ogni giorno, in modo costante nella vita del credente. Senza la santificazione non è possibile vincere i nostri nemici.
Giosuè era un condottiero ed era consapevole che la vittoria non dipendeva dalla sua forza o dall’esercito ma da Dio per questo disse al popolo di santificarsi. La nostra vittoria quindi non dipenderà dalle nostre abilità ma se Dio sarà dalla nostra parte.
Efesini 5.3,11 Come si addice ai santi, né fornicazione, né impurità, né avarizia, sia neppure nominata tra di voi; Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele.
Perché possiamo santificarci? Perché siamo santi in Cristo. Santificarsi significa denunciare le opere delle tenebre ovvero rendere pubblico qualcosa che è nascosto; quando ci santifichiamo le opere delle tenebre vengono svergognate.
Il popolo d’Israele non poteva vincere se non si fosse santificato.
La santificazione fa parte della nostra personalità divina.
Deuteronomio 31.8 Il SIGNORE cammina egli stesso davanti a te; egli sarà con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà; non temere e non perderti di animo».
Mosè diede le ultime direttive a Giosuè e sapeva che per entrare in un nuovo territorio era necessario che Dio camminasse davanti a lui( Dio non può camminare davanti a noi se non ci santifichiamo). La legge di Dio ci comanda la santità ma molti hanno un concetto sbagliato riguardo questo argomento: il santo non è colui che si isola dalla società ma il concetto di Dio si riferisce ad appartarsi dalle cose della società e dal sistema in cui viviamo, Gesù stesso visse la santità nonostante visse tra le folle e non si lasciava influenzare da esse ma era Lui ad influenzarle.
Matteo 6.33 Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più.
La società ci spinge al compromesso per ottenere qualcosa ma noi dobbiamo santificarci riconoscendo che quando cerchiamo Dio, Lui ci dona tutto ciò di cui abbiamo bisogno in modo abbondante.
Isaia 1.19 Se siete disposti a ubbidire, mangerete i frutti migliori del paese.
Consacrarsi significa stare al centro del palmo della mano di Dio.
L’ubbidienza parziale secondo la parola di Dio è disubbidienza infatti non possiamo ubbidire in base a ciò che reputiamo giusto o fin quando le cose vanno bene per noi, l’ubbidienza è totale, al 100%. L’ubbideinza è la conseguenza della santificazione.
I samuele 15.7-11 Saul sconfisse gli Amalechiti da Avila fino a Sur, che sta di fronte all’Egitto; 8 prese vivo Agag, re degli Amalechiti, e votò allo sterminio tutto il popolo, passandolo a fil di spada. 9 Ma Saul e il popolo risparmiarono Agag e il meglio delle pecore, dei buoi, gli animali della seconda figliatura, gli agnelli e tutto quel che c’era di buono; non vollero votarli allo sterminio, ma votarono allo sterminio ogni cosa senza valore e inutile. 10 Allora la parola del SIGNORE fu rivolta a Samuele, dicendo: 11 «Io mi pento di avere stabilito Saul re, perché si è allontanato da me e non ha eseguito i miei ordini». Samuele ne fu irritato e gridò al SIGNORE tutta la notte.
Saul fu un re scelto dal popolo e non da Dio. Dio aveva dato delle direttive precise a Saul dicendogli di distruggere Amlec, gli Amalechiti e tutto ciò che gli apparteneva. Amalec era figlio di Elifars e nipote di Esaù. Gli amalechiti si opposero al popolo d’Israele quando uscì dall’Egitto, era un popolo pagano e praticava magia, pedofilia, sacrificavano figli agli dei quindi era un popolo che istigò Dio ad ira. Per questa motivazione Dio fece un giuramento riguardo questo popolo che doveva essere cancellato.
Giosuè 17.9-16 E Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci a combattere contro Amalec; domani io starò sulla vetta del colle con il bastone di Dio in mano». 10 Giosuè fece come Mosè gli aveva detto e combatté contro Amalec; e Mosè, Aaronne e Cur salirono sulla vetta del colle. 11 E quando Mosè teneva le mani alzate, Israele vinceva; e quando le abbassava, vinceva Amalec. 12 Ma le mani di Mosè si facevano pesanti. Allora essi presero una pietra, gliela posero sotto ed egli si sedette; Aaronne e Cur gli tenevano le mani alzate, uno da una parte e l’altro dall’altra. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. 13 E Giosuè sconfisse Amalec e la sua gente passandoli a fil di spada.
14 Il SIGNORE disse a Mosè: «Scrivi questo fatto in un libro, perché se ne conservi il ricordo, e fa’ sapere a Giosuè che io cancellerò interamente sotto il cielo la memoria di Amalec».
15 Allora Mosè costruì un altare che chiamò «il SIGNORE è la mia bandiera»; e disse: 16 «Una mano s’è alzata contro il trono del SIGNORE, perciò il SIGNORE farà guerra ad Amalec di generazione in generazione».
Amalec rappresenta la carne, le opere infruttuose della carne e Dio odia Amalec e di conseguenza la carne.
Saul uccise il popolo di Amalec ma ubbidì in modo parziale perché lasciò vivo il gregge ed il re Agog, questo nome significa colui che ti domina, sovrastatore, un essere superiore, emergere, dominare, elevarsi su. Ci sono delle aree della nostra vita che ci dominano, aree della vecchia natura adamica che sovrastano la nostra vita ma è necessario distruggerle se vogliamo vedere le meraviglie che Dio ha preaparato. La carne cercherà sempre di elevarsi su di noi ma noi non dobbiamo permetterglielo.
Saul non ubbidì in modo totale a Dio perché era interessato all’ammirazione ed approvazione del popolo piuttosto che quella di Dio. Il re Saul venne rimosso perché cadde nel peccato.
Analizziamo alcuni aspetti di questa storia:
Saul fece suonare la tromba per tutto il paese quando uccise Amalec e fece questo per dare gloria a se stesso e non a Dio, la carne vuole essere compiaciuta e riconosciuta.
Saul aveva un’immagine errata perché era nato con sensi d’inferiorità e quest’immagine lo portò ad avere un’attitudine sbagliata ed un carattere sbagliato.
Saul offrì un olocausto a Ghilgal, impaziente dell’arrivo di Samuele, svolse un compito che non era di sua competenza e quindi entrò nell’abusivismo spirituale. Non dobbiamo svolgere compiti che non rientrano nella nostra sfera di autorità.
Saul fece stremare l’esercito e fece un insensato giuramento. Lui usò la sua autorità con autoritarismo e mise anche in pericolo la vita di suo figlio.
Saul non ubbidì al comando di Dio e si fece erigere una statua, portando il popolo a peccare di idolatria. Nella società chi comanda vuole il potere e vuole usare autorità ma nel regno di Dio funziona esattamente al contrario, chi vuole essere il maggiore deve essere servire.
Saul lasciò il re Agog vivo ed anche il meglio delle pecore. Quando Dio ci chiede qualcosa è sempre per il nostro bene, cosa siamo disposti a dare, che prezzo siamo disposti a pagare per ubbidire pienamente?
I samuele 15.22 Samuele disse: «Il SIGNORE gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’ubbidire alla sua voce? No, l’ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni.
Romani 11.29 perché i doni e la vocazione di Dio sono irrevocabili.
Questo verso viene citato spesso dai credenti ma Dio può pentirsi di mettere persone in auorità infatti rimosse Saul a causa della sua disubbidienza, perché lui non si santificò. Dio non può essere servito nella carne. Dobbiamo camminare con ubbidienza, riverenza e santificazione, camminando come Cristo e non più come Adamo.
Davanti a Dio siamo tutti uguali in dignità ma non in autorità. Dio dovette mettere un altro re al posto di Saul e scelse Davide, da cui discese Gesù. Saul perse quindi l’onore di essere il re dalla cui discendenza doveva nascere Gesù; questo ci fa comprendere che Dio non è interessato solo a noi ma anche a chi verrà dopo di noi.
Atti 13.22 Io ho trovato Davide,figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore, che eseguirà ogni mio volere“.
Quello che oggi seminiamo sarà raccolto anche dai nostri nipoti.
Dio ci ha scelto nell’eternità e quello che oggi semineremo attraverso la nostra ubbidienza, la nostra fedeltà, integrità e santificazione ci permetterà di vedere le meraviglie che Dio vuole compiere.