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Worship service 9.06.2019

 

 

LE SETTE ATTITUDINI PER SPERIMENTARE LA PIOGGIA 3 parte di “giusta attitudine di fede”

Pastore Luisa Ingargiola

Continuando la serie sulle attitudini per sperimentare la pioggia, stiamo analizzando nello specifico la giusta attitudine di fede. Dio guarda le persone che hanno le giuste attitudini, l’uomo guarda all’apparenza ma Dio guarda al cuore.

II Cronache 16.9 Infatti il SIGNORE percorre con lo sguardo tutta la terra per spiegare la sua forza in favore di quelli che hanno il cuore integro verso di lui. In questo tu hai agito da insensato; infatti, da ora in poi avrai delle guerre».

Dio “percorre con lo sguardo”, dall’aramaico significa che Dio corre avanti e indietro per tutta la terra; mentre il termine integro dalla versione King James viene tradotto come fedele e dall’originale viene tradotto come lealtà. Dio cerca persone con cuore leale. L’uomo è attirato dall’apparenza, dai doni e dai talenti visibili ma Dio scomette su coloro che non credono in loro stessi, che si sentono inadeguati e trae il meglio dalla loro vita.

Quando viene fuori il nostro cuore, quindi le nostre attitudini? Nei momenti di prova, nei momenti difficili, nel deserto. Dobbiamo permettere a Dio di scendere in profondità nel nostro cuore e di fare uscire fuori tutto ciò che è occulto affinchè possiamo essere purificati. Durante i momenti di tensione possiamo reagire in due modi: constatando la realtà e associando la prova come qualcosa che vuole toglierci la gioia, che ci vuole fare stare male o constatare la realtà con la consapevolezza che Dio potrà trarre da noi il meglio.

Numeri 13.27 Fecero il loro racconto, e dissero: «Noi arrivammo nel paese dove tu ci mandasti, ed è davvero un paese dove scorre il latte e il miele, ed ecco alcuni suoi frutti. Però, il popolo che abita il paese è potente, le città sono fortificate e grandissime, e vi abbiamo anche visto dei figli di Anac.

I dodici esploratori che furono mandati ad esplorare la terra promessa prima di ogni cosa constatarono la realtà ( verso 27) vedendo che il paese era esattamente come gli era stato riferito ma poi iniziarono a vedere i problemi ( verso 28). Avere fede non significa negare la realtà ma constatarla, chiamarla per nome  e dichiarare che il Signore la trasformerà con piena certezza di fede. Davide guardò in faccia il nemico di nome Golia, lo chiamò per nome, lo uccise con armi della fede.

Numeri 13.30 Caleb calmò il popolo che mormorava contro Mosè, e disse: «Saliamo pure e conquistiamo il paese, perché possiamo riuscirci benissimo».

Dobbiamo stare attenti al nostro modo di parlare nel momento difficile perché il nemico vuole farci dichiarare parole negative così questo gli darà il diritto legale per legare la nostra vita.

Numeri 13.31-33 31 Ma gli uomini che vi erano andati con lui, dissero: «Noi non siamo capaci di salire contro questo popolo, perché è più forte di noi». 32 E screditarono presso i figli d’Israele il paese che avevano esplorato, dicendo: «Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti; tutta la gente che vi abbiamo vista, è gente di alta statura; 33 e vi abbiamo visto i giganti, figli di Anac, della razza dei giganti. Di fronte a loro ci pareva di essere cavallette; e tali sembravamo a loro».

Come ci vediamo di fronte ai nemici, di fronte alla prova? Ci paragoniamo alle cavallette come fecero gli esploratori? Nei momenti di difficoltà dobbiamo stare vicini a coloro che ci incoraggiano e non a coloro che iniziano a lamentarsi, a screditare l’opera di Dio.

Quando siamo corretti da Dio o dalle autorità come reagiamo? Dobbiamo allineare i nostri pensieri a quelli di Dio e camminare con sottomissione. 

La sfida deve essere vista come un’opportunità.

Numeri 14.36-38 36 Gli uomini che Mosè aveva mandato a esplorare il paese e che, tornati screditando il paese, avevano fatto mormorare tutta la comunità contro di lui, 37 quegli uomini, dico, che avevano screditato il paese, morirono colpiti da una piaga, davanti al SIGNORE. 38 Ma Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Gefunne, rimasero vivi tra quelli che erano andati a esplorare il paese.

Coloro che parlarono male furono in tanti e coinvolsero tutto il paese ma solo due, Giosuè e Caleb, ebbero uno spirito di fede e videro la terra promessa.

Siamo chiamati ad essere parte della soluzione e non del problema. È tempo di vedere le cose dal punto di vista di Dio e non dal nostro.

Esodo 17.10-16 10 Giosuè fece come Mosè gli aveva detto e combatté contro Amalec; e Mosè, Aaronne e Cur salirono sulla vetta del colle. 11 E quando Mosè teneva le mani alzate, Israele vinceva; e quando le abbassava, vinceva Amalec. 12 Ma le mani di Mosè si facevano pesanti. Allora essi presero una pietra, gliela posero sotto ed egli si sedette; Aaronne e Cur gli tenevano le mani alzate, uno da una parte e l’altro dall’altra. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. 13 E Giosuè sconfisse Amalec e la sua gente passandoli a fil di spada.
14 Il SIGNORE disse a Mosè: «Scrivi questo fatto in un libro, perché se ne conservi il ricordo, e fa’ sapere a Giosuè che io cancellerò interamente sotto il cielo la memoria di Amalec».
15 Allora Mosè costruì un altare che chiamò «il SIGNORE è la mia bandiera»; e disse: 16 «Una mano s’è alzata contro il trono del SIGNORE, perciò il SIGNORE farà guerra ad Amalec di generazione in generazione».

Questo episodio della Scrittura ci fa comprendere che ci sono delle battaglie in cui abbiamo bisogno il sostegno degli altri, per questo è necessario incoraggiarsi e pregare gli uni per gli altri. Nelle battaglie non è utile la mormorazione ma il sostegno. Nell’unità, con uno solo scopo, con un solo desiderio possiamo vedere la vittoria. Lo spirito di fede non riguarda la nostra età anagrafica o gli anni di conversione ma riguarda quanto abbiamo sperimentato in modo pratico il nostro Dio.

Mosè costruì un altare al Signore ciò significa che dopo una vittoria dobbiamo andare in preghiera, alla presenza di Dio e ringraziarlo.

Se vogliamo vedere la vittoria è necessario lavorare sul nostro cuore, sulle nostre attitudini e sul nostro modo di parlare.

Perché vogliamo conquistare le cose, perché serviamo Dio? La motivazione deve essere sempre quella di innalzare il nome di Dio e dare a Lui la gloria.

Luca 4.11 11 Poiché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato».
12 Diceva pure a colui che lo aveva invitato: «Quando fai un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi; perché essi potrebbero a loro volta invitare te, e così ti sarebbe reso il contraccambio; 13 ma quando fai un convito, chiama poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14 e sarai beato, perché non hanno modo di contraccambiare; infatti il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione dei giusti».
15 Uno degli invitati, udite queste cose, gli disse: «Beato chi mangerà pane nel regno di Dio!» 16 Gesù gli disse: «Un uomo preparò una gran cena e invitò molti; 17 e all’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, perché tutto è già pronto”. 18 Tutti insieme cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e ho necessità di andarlo a vedere; ti prego di scusarmi”. 19 Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. 20 Un altro disse: “Ho preso moglie, e perciò non posso venire”. 21 Il servo tornò e riferì queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa si adirò e disse al suo servo: “Va’ presto per le piazze e per le vie della città, e conduci qua poveri, storpi, ciechi e zoppi”. 22 Poi il servo disse: “Signore, si è fatto come hai comandato e c’è ancora posto”. 23 Il signore disse al servo: “Va’ fuori per le strade e lungo le siepi e costringili a entrare, affinché la mia casa sia piena. 24 Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati, assaggerà la mia cena”
25 Or molta gente andava con lui; ed egli, rivolto verso la folla disse:
26 «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. 27 E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

La parola odiare dall’originale miseo significa amare di meno, accorciare l’amore e la stima. Dio deve essere al primo posto nella nostra vita, deve essere la priorità. Se vogliamo essere discepoli dobbiamo amarlo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra mente e le nostre forze senza porre scuse come fecero le persone in questo episodio della scrittura. Cercare Dio e le cose del Suo regno deve essere la nostra priorità.

Giacomo 1.23 Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio;

Salmo 51.10 O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo.

Scegliamo di essere non solo dei credenti ma dei veri discepoli che confrontano la loro vita con la Parola di Dio e scelgono di cambiare, di avere un cuore puro, leale e fedele e di arrendere la propria vita a Lui.